domenica 21 giugno 2020

Parte il Grest 2020




Quante cose da fare, per far partire questo Grest, che poi non è (più) un “Grest” come quelli ai quali ci siamo abituati!
Dalle prime domande che ci arrivano dopo aver spedito alle famiglie le indicazioni per questa attività estiva, mi accorgo che quello che per me sta diventando pane quotidiano, cioè ragionare in termini di procedure di sicurezza, di rischi e di permessi da richiedere alle autorità competenti, per tanti di voi (naturalmente) non lo è.
E allora è giusto che condivida con voi alcune cose, anche a nome degli amici dell’oratorio: gli educatori, la cuoca, la segretaria, i volontari del Consiglio dell’oratorio, gli animatori adolescenti.


L’incertezza
Durante il tempo della chiusura forzata abbiamo lavorato di fantasia, ma con tanto senso pratico: abbiamo preparato il Grest classico, dal titolo “L’Odissea”. Tutto pensato e calcolato, bellissimo, ma adesso questo lavoro resta “in frigorifero” come un pasto ancora da cuocere, perchè tutto è cambiato!
Una settimana dopo l’altra abbiamo aspettato le indicazioni del Governo, della Regione, del nostro vescovo di Verona, del nostro sindaco di Desenzano, ci siamo consultati tra parrocchie vicine; abbiamo ascoltato anche il vescovo di Brescia e abbiamo guardato come si preparano gli oratori della Lombardia.
Dato che il nostro servizio si serve di personale stipendiato, abbiamo dovuto confrontarci anche con lo studio del commercialista: e per ogni piccola risposta che intuivamo, si affacciavano numerosi altri interrogativi.
Noi vorremmo stare soprattutto con i ragazzi, interessarci del valore educativo dell’oratorio, proporre avventure nuove, invece tanto tempo viene assorbito dalla burocrazia di una vita già complicata, ed ora molto appesantita dall’epidemia che nessuno di noi scorderà più.


Il desiderio
Vorremmo che quest’estate fosse ricordata da tanti di noi come l’estate più preziosa degli ultimi anni passata in oratorio. Il Covid ci ha detto, a modo suo, che non possiamo dare più nulla per scontato, dalla libertà di abbracciare un amico o un famigliare, alla nostra stessa sopravvivenza. Tutto può saltare da un giorno all’altro: ecco perché questo Grest è prezioso, perché potrebbe anche non esserci! La cosa più facile sarebbe proprio che non ci fosse.
Volete sapere la verità? Una realtà di piccole dimensioni come il nostro servizio di Doposcuola e Grest, potrebbe tranquillamente rintanarsi nel proprio guscio, mimetizzarsi nel disorientamento generale, e farsi bastare il poco che ha per sopravvivere ancora qualche mese. E sperare che dopo l’estate ci sia qualche garanzia in più, qualche rischio in meno per la salute, per i lavoratori, per le responsabilità che ci prendiamo nel aprire l’oratorio.


Si parte
Eppure sono convinto di aprire l’oratorio, di attivare il Grest, di prendermi questa responsabilità insieme agli amici dell’oratorio. Insieme a chi vorrà dare una mano: istituzioni cittadine, religiose, associazioni, famiglie, singoli.
Sì, ognuno a modo proprio: non lasciamoci bloccare dalla paura dell’incertezza o dalla diffidenza verso il prossimo. personalmente voglio mettermi non tanto nella prospettiva di giudicare qualcuno, quanto quella di ringraziare tutti.
Desideriamo che i bambini, quelli che potranno frequentare il Grest, si ricordino che l’oratorio e la parrocchia non li hanno lasciati davanti alla tv: che si ricordino dei nostri volti, anche con le mascherine, e dei giochi fatti insieme, anche se in piccoli gruppi e separati dagli altri.
Chiedo a voi di non giudicare quello che la nostra e le altre parrocchie stanno facendo, ma di apprezzare e di collaborare. Non lamentatevi se non riusciremo a coprire con il Grest tutto il pomeriggio, se i bambini che possiamo accogliere sono un quarto degli anni precedenti, se siamo in pochi come adulti, se le rette sono più care.
Guardate al fatto che ci mettiamo in gioco, all’oratorio che è aperto, alla disponibilità che offriamo. Chiedetevi che cosa potete fare per noi, per le famiglie che hanno bisogno in questo momento. perchè se “tutto torna ad essere come prima, non andrà tutto bene”.
Dice san Paolo che “Cristo non ha considerato un tesoro geloso la sua natura divina”, e si è messo in gioco, è entrato nella nostra vita umana condividendo gioie e dolori fino in fondo: Lui ci precede, Lui ci accompagna vogliamo testimoniare.


San Zeno Domenica 21 Giugno 2020
don Luca e lo staff dell’oratorio




sabato 14 marzo 2020

Questo ti voglio dire

Questo ti voglio dire: ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.

Ci dovevamo fermare e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano che ci potesse bloccare.

E poiché questo era desiderio tacito comune come un inconscio volere –

forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. 
Aperto le fessure più segrete e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.

Adesso siamo a casa.

È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.

È potente la terra. Viva per davvero.

Io la sento pensante d’un pensiero che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.

Se la legge che tiene ben guidato

l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.

Se la materia oscura fosse questo

tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi che abbiamo fatto il cielo.

Una voce imponente, senza parola ci dice ora di stare a casa, come bambini

che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.

Guardare di più il cielo,

tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.

Un organismo solo. Tutta la specie

la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.

A quella stretta di un palmo col palmo di qualcuno

a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.

Mariangela Gualtieri