mercoledì 20 marzo 2013

In Cammino verso la Pasqua di Don Luca Cesari, nostro Parroco


Tommaso. Ero arrivato nel parcheggio e la gente usciva dalla messa. Penso di aver visto quello che stava vedendo Lui.  Ci sono anime, sono tante. Sono anime perse. Vagano. Non hanno meta. Non l'hanno perché percorrono sentieri diversi dalla Via. C'è una sola strada che porta a Lui, ma è quasi deserta. 
Non riesco più a far finta di niente. Quanti "Tommaso" che mi mostra, soprattutto tra i Suoi. Quanti!  Quanti che ancora  hanno bisogno di qualcosa, quando Lui si è dato già tutto. E se vedessero, anziché guardare e basta, vedrebbero il Suo sguardo triste, i Suoi occhi lucidi, che  parlano, che gridano, ma che continuano ad amare follemente proprio chi, davanti a loro, volta le spalle nella più assoluta indifferenza e serenità.
I suoi invece sono sentimenti di dolore, di tradimento, di angoscia, di disperazione. Poi, quello che infanga quelle anime. È il peccato. Sembrano non sentirlo, hanno perso la sensibilità. Lui no. Lui  se lo carica addosso.
Ci guarda. Noi, venuti a Messa per il suo insegnamento, che non vediamo Lui. Non riusciamo a vedere quello che Lui vede, ossia non Lo riconosciamo, non Lo accogliamo veramente, spesso neanche quando andiamo a riceverLo nella Parola e nell'Eucarestia. Manca una profonda consapevolezza del suo essere realmente tra noi. E piange.

Presenza. È facile non vederLo, che è poi un non crederLo tra noi, e quindi un non credere alla Sua parola, alla Sua promessa. Gesù è lì, davanti a noi. Ci chiama. Ma noi siamo immersi, completamente, in un'altra realtà. Non possiamo vederLo.
Gesù abbandonato, completamente solo, ma in mezzo a noi, non sulla croce. Un Gesù che ci guarda con amore infinito, ma con gli occhi lucidi di pianto. Un Gesù che, nel silenzio, soffre la nostra indifferenza, soffre il nostro non vederLo, ma sceglie di starci accanto e amarci comunque, prolungando ogni istante della nostra vita la sua passione. 
Così siamo noi a diventare, con la nostra cecità, croce, chiodi, sputi. "RendeteMi gloria": ci chiede di risvegliare le coscienze. Ed è su alcune di queste cose che ci chiede di concretizzare il nostro impegno.
Sembrano non sentirlo, hanno perso la sensibilità. Lui no. Lui se lo carica addosso.

Sete. È un desiderio profondo di poter donare il suo amore. È più forte di quello che ha di essere amato. È straziante, perché ha la forza di un grido senza suono. Lo vive ogni giorno nella passione e sulla croce, se ascoltiamo ce lo fa provare. Allora si comprende quello zelo di tanti santi nella riconquista delle anime a Lui, nel consumarsi nell’amore del prossimo, senza tregua, senza stanchezza, senza riposo.

Chiodi. Vuole che noi impariamo a chiedere quei chiodi. Chiederli nelle croci che ci offre, che ci invita a prendere. Non basta abbracciarle. Lui l'ha presa, portata, si è disteso senza opporsi. Avrebbero potuto  semplicemente legarlo, sarebbe morto lo stesso, avrebbe sofferto lo stesso, era già stato massacrato.  Quei chiodi sono un sigillo. Un sigillo da Lui voluto. 
Affinché noi, con il Suo esempio, imparassimo che la croce, vissuta, diventa donazione totale, e in questa donazione bisogna che oltre all'atto di amore e volontà, oltre alla libertà interiore del nostro sì a prendercela, ci sia un cercare quello che ci ancori, che ci fissi ad essa. Bisogna chiederli quei chiodi e, ricevutili, amarli.

Confessioni. Il peccato ci infanga, a tutti, e senza sosta. Ma non è la  materia del peccato, o per lo meno non solo, quello che distrugge il nostro Gesù. È la leggerezza con cui pensiamo che tanto basta chiedere perdono, senza neanche capire realmente il perdono che cosa è. E la facilità con cui crediamo che alcune cose sono così piccole da non essere poi così gravi. No! Non e' vero. Il Suo dolore è immenso anche per cose che riteniamo piccole. 
Sono soprattutto le omissioni che lo trafiggono. Tutto quello che ogni giorno, ogni istante, potremmo fare per amore a Lui e non facciamo, tanto sappiamo che lo amiamo. Il nostro amore scontato, il Suo amore scontato, ci fanno vivere una superficialità che priva questo amore della sua caratteristica essenziale: il sapersi donare. Senza donazione non c'e amore. Senza donazione, riservandosi, non c'è la sensibilità di vedere che non c'è amore. 

Che il senso del peccato sia la nostra porta al Cielo, o Gesù.
Che la confessione ne sia la serratura.
Che il perdono ricevuto ne sia la chiave.
Che la penitenza sia la forza per aprirla.

Perdono. Non immaginiamo neanche lontanamente cosa sia. Quando te lo fa vivere, il Suo perdono, capisci quanto non sappiamo perdonare. Perché in Lui è una cosa sola con l'amore, è preceduto, avvolto e seguito dal Suo Amore. E cancella, perché dimentica, perché c'è posto solo per l'amore. 

Pasqua. Un'unica scena, silenziosa. Maria è di fronte a Giovanni. Le sue mani si posano, in un tenero gesto pieno d'amore, sul viso ancora teso dal dolore, di Giovanni. Non ci sono parole, ma lacrime silenziose e sorrisi, appena accennati, tremolanti, intensissimi. Gli occhi chiari di Maria si fissano in quelli di Giovanni. Si parlano così. Il gesto di Maria è una bellissima carezza a due mani, e insieme una sorta di "hai visto?!". Non un rimprovero, ma una dolcissima esortazione alla speranza e alla gioia.

don Luca Cesari